27/01/14

La morte improvvisa di Claudio Rocchi, icona italiana del Pop o anche altro?

Se parliamo solo di musica e basta, quella roba di cui parla il giornalista del Manifesto, Piccinini, può essere vera ma solo per lo scarno e allora desolato clima musicale italico: per me e i miei amici, era roba già sentita e da molti anni.
Non si parla poi delle vicende anteriori Stormy Six, la Cramps, eccetera, tutta gente legata al carro della sinistra uniformata del Pci, roba che a noi puzzava dalla testa. Stormy non ci sono poi mai piaciuti musicalmente e nemmeno per le loro scelte di suonare alle feste dell’Unità. Non li abbiamo seguiti nemmeno al giro dei raduni del Parco Lambro (festa del proletariato) e compagnia.
Da ultimo, Rocchi è sempre stato la nemesis del fricchettone mezzo impegnato e mezzo disimpegnato, in completo stile di certa sinistra allo champagne, che ancora oggi spopola: pronta a sostenere le cause degli umili con una coppa di champagne in mano.
Ci sarebbero da dire molte cose su Rocchi, che la Schimperna cercherà di non far passare, anche lei ambiguamente appartenente alla sinistra al caviale. Ad esempio che la vicenda degli Hare Krisna in Toscana si è conclusa quando il capo della setta, tanto osannato, un fuori di testa americano con una storia da sballato completo, se ne fuggì con la cassa, dopo averne combinate di tutti i colori.
Da quel giorno, eravamo nel 1987 credo, inseguito da mandati di arresto, il capo fugge e gli Hare Krisna e i fricchettoni che ne facevano parte sono spariti, o meglio si sono rinfilati i soliti panni e si sono magari messi in banca o se con i soldini in tasca, a fare le robe di tipo ecologico, e ne posso citare molti in concreto, non solo il nostro Claudio Rocchi, tanti che hanno aperto un centro, una comune agricolo-ecologico-spirituale e via discorrendo. Ma anche in questo, ripeto, non c'è niente di male e di strano: anzi direi tutto regolare! Se non fossi stato un morto di fame, all'epoca con una blanda aspirazione di fare il ricercatore di malattie neurologiche e simili, sarei probabilmente stato uno di loro.
Va beh, finisco qui per carità di patria.(proprio perché conosco il tipo di persone che sostengono certe posizioni,  e siamo in tanti a saper riconoscere i vecchi compagni di un tempo...).

Solo una nota a margine: come altri ho fatto brevissimamente parte di Lotta Continua, (troppi macho e capi bastone spesso figli di papà), poi sono finito con gli arancioni ma standomene ai margini (non sono mai entrato nel villaggio di Pune o Poona come vogliamo chiamarlo, né tanto meno li ho seguiti nella pazzesca vicenda in Oregon). Ritornato con una buona esperienza e una certa disillusione, mi sono rimesso sotto e ho completato gli studi, per poi finire a lavorare in Svizzera in un centro di sperimentazione di biologia. Ma continuo a fare la mia meditazione casareccia, a fare musica con gli amici e amiche, senza mai pensare di farci un soldo o di farne un business e me la rido quando vedo tutte queste isole ecologiche meditative, sullo stile di certe zone dell'India, in cui si trascorre un fine settimana all'insieme dei clisteri colon ripulenti, delle tisane depuranti e delle pratiche meditative per poi ritornare in banca o nelle scuole.

Avrei potuto fare anch'io la fine di uno di questi personaggi: fare l'aspirante santone o il bancario o insegnante con la pruderie della meditazione e delle tecniche della QUARTA VIA. Invece, certamente a causa della mia provenienza da famiglia operaia, i soldi in tasca non li avevo e quindi tutto si è ridotto al dover studiare e lavorare e duramente per acquisire una posizione di lavoro, (non ceto un ripiego).

Ciao Claudio Rocchi, «alternativo» senza pari

di Alberto Piccinini 
È morto Claudio Rocchi. Aveva 62 anni. Nei giorni scorsi in un post straziante su facebook aveva annunciato la sua «settima vita». «Studente, aspirante rock star, aspirante santo indù, aspirante normale professionista, musicista ritrovato». Le prime cinque. E la sesta: malato terminale per via di una grave malattia degenerativa alle ossa. Paralizzato in un letto, infine. «Sappiate che il buonumore tiene – annunciava – la Coscienza pure e il libro è iniziato stamane». Era neppure un mese fa. Ieri sera, la notizia della scomparsa.
Di Claudio Rocchi i ragazzini e le ragazzine degli anni ’70 difficilmente avevano potuto dimenticare quel piccolo film truffautiano in forma di ballata psichedelica che era «La tua prima luna, che finiva col protagonista addormentato su un prato e il passaggio di «una macchina verde della polizia». In quel colore verde (lo stesso di certi poliziotteschi e delle immagini d’archivio con gli scontri di piazza di quegli anni), restava tutta la tenerezza e la rabbia di un’altra epoca.
E poi gli accordi erano semplici, la spazialità dilatata come nei dischi californiani – tra David Crosby e Tim Buckley. O come in certi pastiche etnici della Incredible String Band che Rocchi stesso amava e trasmetteva in quegli anni alla radio a Per voi giovani, con uno stile naif da viaggiatore anni ’70, dandoti del tu come faceva nella sua canzone più famosa. «Musica totale», antirock, umana, neoprimitiva, neoetnica che rompeva con il ritmo industriale del rock’n'roll per buttarsi all’esplorazione di un mondo nuovo. E si faceva sul serio: dal «viaggio» (per caricaturale che fosse) si poteva anche non tornare.
Claudio Rocchi è stato comunque uno dei più conosciuti interpreti italiani della prima nostra «musica alternativa» (per certi versi mai più eguagliata per ricchezza e capacità di sperimentazione). Con gli Aktuala, il jazz-rock degli Area, Battiato e tanti altri. Tutti protagonisti dei festival di Re Nudo prima del disastro di Parco Lambro, in certi boschi prealpini dove si arrivava in autostop, si suonava praticamente senza elettricità e gli abitanti del luogo ti accoglievano come i nazisti dell’Illinois. Perché alternativa nella cultura era anche l’organizzazione, o non era.
Milanese come la maggior parte dei protagonisti della stagione psichedelica, legato fin dall’inizio all’esperienza di Re Nudo – straordinaria provocazione contro l’irrigidirsi neozdanoviano dell’estrema sinistra del tempo – figlio di un costruttore edile, smarrita e nuova generazione rispetto alla Milano del boom che pure era stato un centro propulsore della cultura metropolitana negli anni ’60, e nei ’70 fu di nuovo un centro tumultoso e certo più disperato, con le fabbriche ancora (per poco) in piedi, di vite da suonare e da fuggire. E occupare scuole, periferie, il viaggio in India, la militanza politica, sfondare ai concerti, la p38 in via De Amicis, 1977 (come la foto che chiude anzitempo un decennio).
Tempi in cui la musica pop – si chiamava così, allora – faceva i conti tutti i giorni con «la politica». E la politica con la vita. Era il bassista con gli Stormy Six, Claudio Rocchi. Li lasciò quando il gruppo di Franco Fabbri ebbe la sua «svolta» militante con l’album L’Unità (bellissimo comunque), che si chiude giusto con un pezzetto feroce dedicato a Claudio.
Con Mauro Pagani, Alberto Camerini, Eugenio Finardi e Donatella Bardi aveva invece realizzato quattro album tra il ’70 e il ’74, che stanno di diritto tra i documenti più importanti dei nostri anni ’70. Il secondo, in particolare, Volo Magico n. 1, è aperto da una suite lunga un’intera facciata di pura estasi frikkettona e messa in pratica del rifiuto del lavoro, inneggiando a «pane, suono aria, voci, amici, roba, far l’amore». E prosegue con «La realtà non esiste», idillio neobuddista per pianoforte e voce, intrecciato alle sue esperienze spirituali (che coivolsero molta parte del gruppo di Re Nudo).
Rocchi – dopo anni passati a occuparsi di mille cose pratiche e spirituali – negli ultimi anni era tornato a suonare, a scrivere, a usare internet per il crowdfunding e battagliare contro la mala gestione della Siae. Aveva inciso un album accompagnato da Gianni Maroccolo (ex Litfiba, ex Csi), che faceva parte della generazione successiva alla sua, anni ’80 post-politica, ma aveva ancora memoria per quell’irripetibile codice estetico e soprattutto politico. Come tutti quelli che oggi lo ricordano, un pezzo della canzonetta della propria vita.
ALBERTO PICCININI
da il manifesto



alberto marini
Se parliamo solo di musica e basta, quella roba di cui parla il giornalista del Manifesto, Piccinini, può essere vera ma solo per lo scarno e allora desolato clima musicale italico: per me e i miei amici, era roba già sentita e da molti anni.
Non si parla poi delle vicende anteriori Stormy Six, la Cramps, eccetera, tutta gente legata al carro della sinistra uniformata del Pci, roba che a noi puzzava dalla testa. Stormy non ci sono poi mai piaciuti musicalmente e nemmeno per le loro scelte di suonare alle feste dell’Unità. Non li abbiamo seguiti nemmeno al giro dei raduni del Parco Lambro (festa del proletariato) e compagnia.
Da ultimo, Rocchi è sempre stato la nemesis del fricchettone mezzo impegnato e mezzo disimpegnato, in completo stile di certa sinistra allo champagne, che ancora oggi spopola: pronta a sostenere le cause degli umili con una coppa di champagne in mano.
Ci sarebbero da dire molte cose su Rocchi, che la Schimperna cercherà di non far passare, anche lei ambiguamente appartenente alla sinistra al caviale. Ad esempio che la vicenda degli Hare Krisna in Toscana si è conclusa quando il capo della setta, tanto osannato, un fuori di testa americano con una storia da sballato completo, se ne fuggì con la cassa, dopo averne combinate di tutti i colori.
Da quel giorno, eravamo nel 1987 credo, inseguito da mandati di arresto, il capo fugge e gli Hare Krisna e i fricchettoni che ne facevano parte sono spariti, o meglio si sono rimessi i soliti panni e si sono magari messi in banca o se con i soldini in tasca, a fare le robe di tipo ecologico, e ne posso citare molti in concreto.
Va beh, finisco qui per carità di patria.
al




susanna schimperna
sì, devo proprio dire qualcosa visto anche che alberto marini mi chiama in causa.
che lui e i suoi amici avessero sentito il tipo di cose che faceva claudio, e addirittura da molti anni, è semplicemente risibile. da “la tua prima luna”, “la realtà non esiste”, “volo magico”, “la norma del cielo” e molte altre cose, fino ad arrivare alla musica elettronica, credo che nessuno, nemmeno chi claudio rocchi proprio non lo ama, avrebbe il coraggio di dire che si tratta di cose copiate o comunque orecchiate. ma è questione di gusti e di orecchio e alberto marini può avere i gusti e l’orecchio che vuole.
con gli stormy six claudio è stato poco tempo e poi se n’è andato, rimanendo loro amico e in particolare di franco fabbri, perché tra i due c’è sempre stata, nella diversità, grande stima (amicizia rinnovata proprio negli ultimi tempi, tanto che io ho intervistato franco e l’ho conosciuto). sulle posizioni politiche degli stormy six non capisco cosa c’entri claudio, che, appunto, ne fece di diverse. il gran carro della sinistra uniformata al pci con claudio non ha nulla a che vedere. “non li abbiamo seguiti”, “non ci sono mai piaciuti”: chi sono i “noi”? plurale maiestatis?
claudio “nemesis del fricchettone” non ha senso, forse lo scrivente non sa cosa significhi “nemesis”. facendo finta che abbia detto “parodia”, claudio non è mai stato né di sinistra, né di destra e né freak (si scriverebbe così). ha guadagnato molto e ha regalato molto. ma nessuno ha mai regalato nulla a lui. è stato sfruttato (e ne era consapevole), piuttosto.
sulla “schimperna al caviale” e claudio con lo champagne in mano, posso solo dire che è vero che claudio era di gusti difficili, ma non amava particolarmente lo champagne, mentre “la schimperna” non beve champagne e odia il caviale essendo vegetariana, e non è di sinistra. che “la schimperna” possa “cercare di non far passare” le “molte cose che ci sarebbero da dire su rocchi”, presuppone che ci siano chissà quali tremendi segreti nella vita di claudio, la persona più limpida del mondo, e che “la schimperna” abbia un potere censorio che non ha. grazie per credermi così importante, vergogna per insinuare su claudio cose che nemmeno si sa quali siano e che non esistono.
sul capo di hare krishna fuggito con la cassa, purtroppo claudio non può più raccontarla. ma ricordo che claudio per 15 anni è rimasto nel movimento, l’ha promosso, aiutato in ogni modo, fatto prosperare. ha creato la radio su territorio nazionale e insegnato agli americani a fare lo stesso: era una delle quattro radio nazionali più importanti in italia e claudio partecipò per questo alla stesura della legge mammì. claudio ha realizzato con tofani dischi che vendettero due milioni di copie, soldi tutti andati al movimento. ha fatto cose folli, in quel movimento, rinunciando alla sua carriera e a molte altre cose per dedicare la vita a qualcosa in cui credeva profondamente. tutto questo, dormendo per terra in una specie di cella e per non più di tre ore e mezza al giorno, quando era il capo e avrebbe potuto farsi sventagliare, lavarsi in bagni coi rubinetti d’oro e avere uno stuolo di amanti (ma lui restò 15 anni da solo e in castità). guadagni? nessuno. c’era una cifra minima per tutti, mensile, una sorta di stipendio garantito veramente bassissimo. claudio è uscito dall’hare krishna dovendo ricominciare tutto daccapo, dovendo rifarsi una vita sotto ogni punto di vista: economico, professionale, sentimentale, sociale. altro che i soldini in tasca.
su rimettersi i soliti panni, certo che sì: claudio era elegantissimo e aveva uno stile infinito, quindi uscito da hare krishna ha ricominciato a vestirsi come gli era sempre piaciuto fare. avere stile non si può perdonare, lo capisco. se parliamo invece di panni “mentali”, quelli claudio non li ha cambiati mai.
a proposito della frase conclusiva “finisco qui per carità di patria”, questa sì che è ambigua, altro che “la schimperna” e claudio rocchi. se alberto marini ha qualcosa di preciso da dire su presunte ruberie di claudio o altro, deve dirlo (ma perché qualcuno, a proposito, non esce allo scoperto a raccontare quanto ha ricevuto, da claudio, in termini di denaro e non solo? com’è lungo l’elenco. e uscissero allo scoperto pure quelli che da claudio si sono sentiti derubati o sfruttati: scommetto che non ce n’è neppure uno).
non so nemmeno io perché mi sono presa il disturbo di rispondere così a lungo a questo insieme di falsità e malignità.
avrei potuto semplicemente liquidare alberto marini dicendogli SEI UN IMBECILLE.



Keith Ham, (Kirtananda), già decano dei Mott street Gang, che alla metà dei sessanta, come tanti giovanotti di buona famiglia, pensavano di essere i futuri leaders di una rivoluzione. Per le strade dell’Est keith east Village incontra (vicino al Fillmore), lo Swami, che cantava per le strade, una persona veramente santa e illuminata. Alla fine, 1969, Ham e i suoi, incontrano Harrison che assieme a McCartney realizzano il famoso Hare Krisna Mantra, che li lancia nel mondo occidentale. quando Ham decide di trasferire tutto in West Virginia, per fondare una comunità agricola, arrivarono nella piccola cittadina di Moundsville centinaia di adepti da tutta l’america e il mondo. Alcuni degli iniziali discepoli americani dello Swami criticarono il grande dispiego di denaro che arrivava con le pubblicazioni e con le donazioni e si allontanarono, definendo New Vrindavana l’Empire Buliding. 

Da questo punto in poi, tutto è simile all’esperienza (che mi sono salvato per fortuna) di quanto accaduto in Oregon, tra gli scellerati seguaci di Rajneesh, che sappiamo solo in questi ultimi dieci anni con completezza di dettagli, tutto il liverllo di paranoia diffusa, di trame e persino attentati vari a istituzioni e tra di loro. Infine, pieno di debiti, Ham si impossessa tra l’altro della cassa (come Sheela Silverman, segretaria di Rajneesh, oggi in Svizzera, perché colpita da mandato di arresto a vita in usa) e infine viene scovato (smokin’out è il termine usato dalla stampa), e processato e condannato per molti annni. A s. Casciano, dove Ham è venuto proprio a ridosso degli ultimi eventi, non credo abbia portato via niente, ma tutti i seguaci e i capi della Tenuta mai si erano accorti del livello di paranoia, di antisocialità e altri disturbi psichiatrici di cui era pesantemente affetto? Si, probabilmente si, non si accorgevano a motivo del rapimento mistico e la stessa storia di quelle e quei completi idioti dell’Oregon. 
Non ringrazierò mai la mia previdenza nel fermarmi a Poona e poi ritornarmene a casa, come altri amici e amiche, per riprendere il mio studio e alla fine il lavoro che faccio e che mi da da anni molte soddisfazioni, per quanto a volte doloroso. Per quanto mi riguarda, tornando alla musica itliana e a Rocchi, ripeto, era roba già sentita fuori dall’italia ma come detto, in italia era roba assai personale e peculiare. Ripeto, non mi attraeva più che Rocchi, l’ambiente che poi gravitava attorno a lui, quello della Cramps per intenderci, Finardi, e compagnia, mentre per motivi personali ho seguito e partecipato a quello del giro di Genova, lo dico così, da Fossati ai New Trolls, da Vescovi (Trips) e tanti altri. Era con altri gruppi, la base iniziale del rock progresive e sinfonico come si diceva allora, che tanto ci piaceva nel 1969 e nei primi anni settanta.
C
he poi Claudio Rocchi sia stato identificato come il classico fricchettone, di buona famiglia, con atteggiamenti istrionici e molto personalistici, è un dato che non riguarda solo me: ricordo un mio coautore in radio, di dieci anni più giovane, che adorava Claudio Rocchi e mi disse che era un fricchettone, ma gli piacevano anche i testi stralunati e trasognanti. Gli piacevano anche gli Skiantos, per dire, roba che noi vedevamo come dei fenomeni da baraccone, da riderci sopra: ma non erano furbi e scaltri come Elio, che scopiazza la band di Zappa, presentandosi con i travestimenti e facendo satira: roba già vista.

 Per quelli che hanno passato i 50, è veramente difficile trovare qualcosa di veramente originale. Per dire ho ascoltato su Fuochi, radio rai3, una puntata in auto, dedicata a tale Scanner, che poi ho saputo essere un genio della musica elettronica: c’è da mettersi le mani nei capelli. Dice bene Susanna, il mondo è pieno di imbecilli e creduloni, e guardare fuori dal pensiero unico è difficile e ti pone ai confini del mondo, ma vedi cose che gli altri…. Un abbraccio anche agli snob dei Rifondaroli, ma anche qui, io facevo parte di LC, quindi è tutta roba già vista e edulcorata. Sono troppo, troppo vecchio ormai.
Namaskar    al

Ho letto ancora una volta le parole del sig. Marini. E sono esterrefatto. qui sopra molti hanno parlato delle qualità umane di Claudio Rocchi, ed io posso aggiungere molto poco. L’ho conosciuto di persona alla fine di un concerto, fatto arrivando sul palco con le stampelle per i problemi che la malattia gli stava causando. Alla fine della serata mi avvicinai per scambiare due parole e venne fuori che faccio il farmacista in un piccolissimo paese, e lui, che senza dubbio era stato visitato da fior di specialisti (alla portata di tutti, con la mutua, non serve essere miliardari per essere curati adeguatamente) mi chiese se avevo consigli da dargli….questa era l’umiltà di Claudio, che mi lasciò senza parole. 
Da quella volta avevamo contatti tramite fb e cominciai a sentirlo come un fratello maggiore, ma lì, quella sera, si era posto sotto di me come un fratello minore; lui, una persona con una cultura sconfinata, con esperienze di vita sufficenti a riempirci un’enciclopedia, con un passato da stella dello spettacolo, con un background con il quale la quasi totalità delle persone si ergerebbe su un piedistallo e ti darebbe la mano col guanto di lattice per non contaminarsi. Poi l’ho “intervistato” per una mia trasmissione radiofonica. Gli ho chiesto se ci potevano essere domande più gradite e altre meno e lui mi ha risposto qualcosa tipo “a ruota libera”…se gli avessi chiesto dove e come aveva fatto l’amore l’ultima volta sono sicuro che mi avrebbe raccontato anche quello….la persona più cristallina, limpida, aperta a tutto che mi sia mai capitato di incontrare. Non mi interessa incensarlo, non c’è più in questo mondo e non ne avrei alcun beneficio. 
E non ne sono stato plagiato, ho 53 anni e ho sempre viaggiato sulla strada decisa da me, a volte anche troppo. Ma questo è il segno che pur scambiandoci poche parole ha lasciato in me. E infine una piccola postilla sul giudizio musicale. Di cosa parla il sig Martini quando dice che erano cose già sentite da molti anni? vorrei far notare intanto che quello è stato forse il periodio più fecondo per la musica italiana, con il declino del beat e l’avvento dei cantautori (è vero, a parte Lauzi e Battisti tutti comunisti) e del progressive, che non ho mai amato particolarmente ma che è stato indubbiamente una grande svolta nel campo musicale; che poi abbia stufato al punto di “richiedere” l’avvento del punk è altrettanto vero, ma questo è successo sei-sette anni dopo. Se mi parli di misticismo filo indiano, direi che i precursori sono stati George Harrison, Brian Jones e altri, ma due -tre anni prima, non una distanza siderale. 
Se mi parli di psichedelia, i capolavori sono, chessò: the piper at the gates of dawn, saucerful of secrets e Ummagumma dei Pink Floyd, tra il ’67 e il ’69, Live Dead dei Grateful Dead (1970), Happy Trails dei Quicksilver (1969), Sgt. Pepper dei Beatles (1967), i primi 3 di Hendrix (dal 67 al ’69), dal secondo al quarto dei Jefferson (67-69), il primo dei soft Machine e dei Doors (1967), il primo solo di David Crosby (1970)….e ne ho tralasciati molti altri, ma il periodo era quello, dal ’67 al ’70. E a detta di tutti quelli che “c’erano” questi dischi in Italia non si trovavano, qualcuno fortunatissimo li portava come tesori da Londra, ma certamente non erano il mainstream che si sentiva alla radio, se non era radio Luxembourg, che si sentiva solo di notte in AM. 
Allora, mi spiegherebbe il sig Marini in base a cosa la musica di Claudio Rocchi non era originale ed era anzi strasentita da anni? Perchè deve sputare veleno gratuito, tra l’altro confutabilissimo? Per caso Claudio Rocchi o chi per lui ti ha fatto qualcosa? per caso quello che rappresenta Claudio Rocchi lo vede come la rovina sua o dell’Italia o del Mondo? Vorrei capire…tra l’altro se legge il Manifesto dovrebbe avere una certa apertura mentale…per favore, ci spiega qualcosa di più dettagliato del Suo pensiero? 
Perchè quelle cose fanno parte anche della mia vita e del mio passato, e non mi piace la gente che infanga cose così importanti per me senza dare alcuna spiegazione. Prendendosela poi con uno che non può più controbattere e che guarda caso in molti lo trovano pressochè inattaccabile. Mi sa proprio che il sig. Marini ha sbagliato target, oltre ad essere stato bastonato dalla vita.

Guarda, lo dico in radio e lo scrivo da tempo in vari articoli anche su carta, il pop e molti dei brani cult del rock dei sessanta, era in molti casi una roba (a parte ad esempio Dylan e Beatles, e ci metto i Boys, più altri che non poso citare), già scritta e registrata in anni precedenti. Ad esempio a parte una varietà di suoni e arrangiamenti molto originali, gli Airplane si sono lanciati con brani che al Matrix erano eseguiti dal ’64′,’65, inoltre hanno ripreso e tributato molto a Fred Nill, che ha scritto almeno tre tra le canzoni più belle di tutti i sessanta, portate al successo da Nilsson e Airplane e altri. 
Ma ti dico di più, Peter, Paul & Mary già nel ’64 cantavano le canzoni di Dylan e le aggiungevano alle loro, alcune poi riprese dagli Airplane, riarrangiate in modo acid rock. La mitica Hey Joe, è stato un tormentone che la band originale,(The Leaves) l’ha rifatto ben tre volte, senza sfondare, perché il 1965 era ancora poco idoneo per brani del genere, intendo per farne un grosso hit. Ci ha pensato Hendrix, tre anni dopo, divenuto cavallo di battaglia non solo suo, anche l’amico fraterno Arthur Lee, che ha inspirato nel vestirsi Hendrix, girando per S Francisco e L.A. con cappello e calzoni con lacci). 
In conclusione, quando dico che li sentivamo già da tanto tempo, intendo anche questo, capisci? Per non parlare di A Rainbow in a Curved Air del mitico polistrumentista e genio Terry Riley , che al tempo, non fu fatto uscire se non dopo tre anni, perché era troppo fuori dagli schemi della gente. Ancora oggi, ascolto le improvvisazioni di Riley per solo piano, dal vivo e riesco tramite amici a dialogare qualche volta in chat. Per concludere, ma non è una conclusione, non si conclude mai nulla, io non ho niente contro Rocchi, che anzi trovavo un personaggio molto contorto ma anche estremamente semplice e genuino, ma non sopportavo, né sopporto oggi, tutto il giro di paleo comunisti alla Finardi che lo circondavano. 
Un abbraccio, namaskar.



Per capire chi è Piccinini riporto l'articolo de Il Giornale (de chi? Tanto si tratta di un giornale di fascisti, no?).


Quelli che con uno di destra non si mangia

Il giornalista del manifesto Alberto Piccinini sabato scorso ha passato una bella serata. Potrebbe non fregarcene di meno se non fosse stato egli stesso a rendere pubblico l’evento con un articolo uscito ieri sul suo giornale; e se il motivo del suo godimento non fosse sintomatico dell’aria che tira.
Piccinini era andato in trattoria con la sua compagna Valentina, e a un certo punto sono entrati - anche loro per mangiare: mica per altro - alcuni ragazzi di Azione Giovani, appena usciti dalla lì vicina festa di Atreju. «Valentina si è alzata», racconta Piccinini, «e ha fatto la mossa di andarsene. Sapete come sono le ragazze: una volta non gli va bene il tavolo, l’altra volta hanno il mal di pancia. Stavolta no: mi sono alzato anch’io, ho pagato il mezzo conto e via. Fuori abbiamo preso un acquazzone da fine del mondo. Però che bella serata».
Ma sì: meglio tornare a casa bagnati fradici e a digiuno piuttosto che cenare non dico alla stessa tavola, ma nello stesso ristorante, non dico con dei fascisti, ma con dei ragazzi, insomma, di destra.
L’episodio ne ricorda un altro, celeberrimo e sicuramente ancora impresso nella memoria di molti nostri lettori. È lo stesso Piccinini a fare il collegamento: «Ai primi di giugno del 1971, Giorgio Almirante si fermò all’autogrill Cantagallo, sull’A1. Al grido di “né un panino né una goccia di benzina”, camerieri e benzinai lo fecero ripartire a bocca asciutta e serbatoio vuoto». Fece tanto clamore, quel fatto, da essere immortalato da due canzoni: una, di Piero Nissim, attaccava così: «L’altro giorno sull’autostrada/ sul versante che porta a Bologna/ viaggiava un topo di fogna/ affamato voleva mangiar»; l’altra, del Canzoniere delle Lame, rivelava il seguito: «... fu così che schiumante di rabbia/ se ne andò la squadraccia missina». 
Sarà un caso, ma l’orgogliosa replica dell’'eroico incrociar le braccia del Cantagallo segue di pochi giorni un’altra replica: quella di Adriano Sofri sul delitto Calabresi. Così come Sofri ripete oggi quel che aveva scritto nel 1972, e cioè che uccidere Calabresi fu un atto di giustizia, il manifesto scrive che i topi di fogna non andavano serviti allora all’autogrill e non vanno tollerati oggi sotto lo stesso tetto. Anche se non portano più la camicia nera, anche se il loro leader ha appena fatto l’elogio dell’antifascismo.
È strano: Sofri e il manifesto avevano dismesso da anni certi toni, ma ora c’è una parte della sinistra che sembra subire una sorta di regressione. Una sinistra come ad esempio quella di Caruso che parla di gambizzazioni, una sinistra che rispolvera il tristo linguaggio degli anni di piombo: la giustizia proletaria, il terrorismo di Stato, i fascisti che non devono parlare e neppure mangiare.
Però a volte nei giornali la grafica gioca brutti scherzi. La rubrica di Piccinini stava proprio sopra un articolo contro il razzismo. Essere antirazzisti vuol dire saper accettare il diverso, ed è difficile immaginare che chi accetta il diverso per colore della pelle non accetti il diverso per idee. Ma oggi «non si vive più come persone, in questo Paese, non più come individui, ma come appartenenti a sottocategorie (...) si sta facendo strada una catastrofica tendenza alla semplificazione. Non solo il concetto democratico di cittadino, ma anche quello cristiano di persona vanno sbiadendo, perché richiedono la faticosa elaborazione di un giudizio caso per caso, di un rapporto umano che sappia distinguere e sappia scegliere. Sappia guardare negli occhi, un paio di occhi per volta e solo quelli. Il giudizio all’ingrosso è più comodo e rapido, leva di mezzo l’incombenza di rapportarsi al prossimo, cancella scrupoli etici e fatiche umane». Sapete chi ha scritto queste parole? Michele Serra, ieri su Repubblica. Le ha scritte contro i razzisti. Ma sono buone, buonissime, anche per chi preferisce un acquazzone a un piatto di fettuccine con vista sul nemico politico.
Michele Brambilla