13/09/13

Per chi vuole conoscere il Pop inglese dei sessanta, un libro: Joe Boyd: White Bicycles

Joe Boyd se lo cercate su google troverete subito le facce di alcuni musicisti e
cantanti inglesi divenuti veri e propri idoli ma la storia parte più in sordina e da lontano. Boyd decide di metter su uno studio di registrazione e una casa discografica ad inizio sessanta, quando tutto era grande e costoso. Personalità franca e cristallina, forse solo per pura conmbinazione della sorte, giunge in contatto prima di tutto con un giovanotto allampanato, molto elegante e ben forbito, con idee promettenti. 
Il suo nome è solo uno dei tanti nomi dietro cui si nascondono speranze, talento e tanto altro ma niente di più: Syd Barrett.
Ripeto, nel libro forse non è ben rimarcato ma l'incontro con Barrett e in seguito con tutti gli altri membri dei futuri Pink Floyd fu una pura e semplice combinazione e questo per dire che all'epoca, girando per Londra nei pochi locali dove tutto stava pper accadere, potevi incontrare chiunque. Il locale dell'epoca il più famoso per la cultura underground londinese era l'UFO, al punto che alcuni nomi dormivano e lavoravano dentro il locale.
Dobbiamo pensare ai Pink Floyd in modo differente a quello per cui poi sono divenuti famosi; all'inizio erano una delle tante band che suonavano una melassa di rock e blues, con molte venature pop, aprendosi anche a vere e proprie canzoncine pop. 
Il genio indiscusso, leader e fondatore era proprio Barrett, che purtroppo, prima che tutto accadesse, prendeva fuoco e bruciava rapidamente sotto gli effetti della incipiente malattia psichiatrica e delle droghe. Ma i Pink Floyd e Barrett hanno lasciato molte tracce della loro iniziale presenza, molto diversa da quella che assumerà poi il loro percorso di dei del Rock nei settanta, per planare sugli ottanta in pieno delirio commerciale.
Quei brani, spesso canzoncine strane, tipiche della mostruosa semplicità della psichedelia, eranoo troppo precoci, troppo rozze, e inoltre non centravano il bersaglio tipicamente commerciale dell'industria musicale. Sono uscite per una piccola etichetta (appunto quella di Boyd) e in seguito, quando i Floyd erano già una gloria tipo i The Who, sono state in parte raccolte in un paio di dischi, senza molto successo di vendite. 
Ormai il tempo era passato e quei piccoli capolavori di psichedelia rozza e semplice, sono finiti come la maggior parte di tutti i brani pop del periodo, nel dimenticatoio, roba per gente come me e pochi altri maniaci.

Ma di Nick Drake invece, la storia finisce in modo diverso. Nessuno lo conosce e solo il fatto che alcuni musicisti geniali dell'epoca (Third Ear Band, John Martyn, che a 20 anni aveva pubblicato una sua London Conversation che ancora oggi ascolto come una reliquia e ancora altri...), lo avevano letteralmente trascinato da Boyd, che decise subito di registrare un intero LP.
Drake, persona schiva e sempre isolata da tutto e tutti, trascorre molto tempo in studio, tra mille difficoltà e riesce a registrare una ventina di brani (tutti capolavori), per poi ritornare a casa sua, da sua madre, sentendosi estraneo. Solo altre registrazioni saranno fatte con un registratore a bobine professionale, a casa di Drake, da solo. 
Praticamente la storia finisce qua, con un disco bellissimo ma che passa quasi inosservato, per poi essere volta volta riscoperto dalle nuove generazioni. Nuove generazioni di musicisti e cantanti, attori e gente varia, finiscono per innamorarsi delle canzoni di Drake, che lentamente, diviene un piccolo cult di fine sessanta inizio settanta, che assieme a un manipolo di altri artisti, tutti amici tra loro, realizzano brani incredibili, con tocci sapienti di chitarra Finger Picking, con uso di Arpe antiche e di piani a coda. E' tutta una storia differente della musica dei sessanta e inizio settanta, contrapposta a quella dei Beatles e Rolling, dei The Who e Pink Floyd.
Se costoro sono stati i campioni insuperabili del Rock di alto impatto popolare, con punte strabilianti di diffusione e di affari, quelli sono e restano (sono ancora vivi in buona parte), i campioni del genio, dell'intimistico, della solitudine cantata in rima baciata, cantata davanti ad un albero di mele. 
E' anche la travagliata ma con lieto fine, storia di Roy Harper, eccelso chitarrista dalla tecnica Finger Picking magistrale, che solo per la stima e l'amicizia che alcuni altri geni gli hanno voluto, ha potuto restare tra noi e continuare a incantarci (parlo principalmente di Jimmy Page, suo amico da sempre ma anche gli altri Pink Floyd lo hanno sempre ben voluto, ricordandolo all'Ufo, quando lo facevano salire sul palco, dove restava da solo con la sua chitarra).

Molte storie potrete leggere e conoscere dalla voce di Boyd, che da protagonista sulla scena, una scena che ripudiava il commerciale, e la triturizzazione dell'artista pop, è potuta sopravvivere grazie alla solidarietà e fratellanza che ha legato molti suoi personaggi di spicco.
White Bicycles Making Music in the 1960s