29/06/10

The Deep,1966 la psichedelia esplode.

Primo appuntamento con la vera e propria musica psichedelica, non legata al folk.
Faccio un piccolo cappello: Rusty Evans, che in seguito ha continuato la sua attività musicale e artistica con altri progetti e formazioni, oggi, ancora vivente, non è stato mai celebrato per il disco del '66 di cui vi parlo, né entrerà nella Rock'n roll Hall of Fame, come meriterebbe ampiamente. Purtroppo, questa storia ci è familiare e si ripete per molti geni, del tutto incompresi all'epoca, poi riassorbiti dall'onda degli emergenti personaggi che li hanno seguiti. Il fatto di non avere un vero e proprio gruppo, magari costituito da altre personalità di spicco, ha del pari, contribuito molto alla fine di questa avventura, in modo assai rapido e brusco.

Del perché poi alcuni brani non siano stati apprezzati anche da un pubblico più ampio, bene, questo lo si capisce, tenedo a mente cosa facevano nel '65 i Beatles e altri gruppi come gli Hollies, che registravano in Abbey Road nello stesso periodo dei Beatles, o i Manfred Mann, gruppo che è stato al centro di un film notevole e artefice di molte colonne sonore. Infine: la musica che ascolterete nei video, sembra del tutto infantile, semplificata e ripetitiva, nella sua linea melodica e nella costruzione complessiva.

 E' vero, ma solo in parte: lo ripeto, si deve tener presente di cosa facevano i Beach Boys, i Beatles e anche i Rolling Stones, fino al 1965 e a metà del 1966. Solo così, si possono collocare le valutazioni musicali di questi gruppi e progetti straordinariamente innovativi, e comunque poco artefatti, non semplici prodotti di laboratorio, per quanto geniali, come in seguito sono divenute le composizioni di Beatles e compagnia. Al punto che gli stessi Beatles, per dire, non sono più riusciti a suonare in una session, una buona parte delle loro stesse composizioni, a partire da alcuni brani di Revolver. Ho sempre ben in mente la tremenda sessione di prove del Rooftop concert, di cui da tempo si
 dispone per intero. Da rabbrividire. --Free Image Hosting at www.ImageShack.us  http://rapidshare.com/files/1323661/Last_Licks_Live__The_Rooftop_Concert_.zip
http://beatlesmagazinebootleg.blogspot.com/2008/02/01-get-back-one-02-get-back-two-03-dont.html

Dopo il periodo dei primi anni sessanta, in cui ci fu una ripresa, in breve, attorno alla metà del decennio, il folk cominciò a tingersi di suoni elettrici e ad arricchirsi di effetti di studio, con i riverberi, feed, e lavori di tracking sulle allora 4 piste, quando andava bene.
Il passo successivo, fu la possibilità tecnica di ampliare la costruzione dei brani con registrazioni che consentivano la manipolazione delle tracce su 8 piste e in seguito su 16 piste. A quel punto, ogni singolo strumento o voce o suono, perdeva il suo carattere originale, e poteva assumere qualsiasi espresione. Si poteva schiacciare il tasto di una tastiera e far uscire una rullata, o un flauto.

Naturalmente tutto questo lavoro, che oggi si opera con un semplice Pc, al tempo richiedeva macchinari costosissimi ed ingombranti, e tutto in analogico. Diciamo che dal 1966, quei pochi studi di punta, iniziavano a dotarsi della possibilità  di un vero e proprio multi tracking, senza dover ricorrere a una continua serie di travasi e sovra incisioni per  oottenere effetti di mixaggio. Solo nel 1967, i Beatles e i Beach Boys poterono completare album assai complessi con l'ausilio di una tecnica di lavoro e registrazione al banco mixer e di regia, di tipo moderno, e non a caso, due lavori vennero alla luce, complessi e ricchi  di effetti e sovra incisioni raffinate. Se pensate che nel Sgt. Pepper's, un brano fu creato prendendo dei nastri registrati, tagliandoli e facendoli volare per aria come coriandoli, per poi raccoglierli in un ordine del tutto casuale e infine montarli , ci si rende conto di quanto era possibile fare agli inizi del '67: cosa del tutto poco probabile con i vecchi Revox a 8 piste. Al punto che in seguito, sia Beatles che Beach Boys, volevano tornare a un suono pulito, definito "onesto", nel senso di far sentire quello che usciva fuori realmente dagli strumenti, con meno  effetti interposti e tecniche di multi tracking. E' quello che poi, le band punk, hanno realizzato, a partire dal 1975 fino al 1979, prima che il punk esplodesse come fenomeno commerciale e di moda.

Se come racconterò nei post seguenti, la vera e propria psichedelia proto punk è nata ad Austin, Texas, la prima volta che un disco esce con un chiaro termine "psichedelico" è nel 1966, ad opera di un gruppo fenomenale, anche se poi caduto presto nel dimenticatoio, assorbito da altri gruppi, provenienti dalla montante ondata di beat psichedelico. Il gruppo si chiama The Deep, ma il punto è che non si tratta di un vero e proprio gruppo, quanto del progetto di Evans di realizzare quel tipo di musica che ormai si captava nell'aria e infatti il secondo lavoro uscirà con un altro nome della band, ma il vero e unico disco, a nome The Deep si intitola: "The Psychedelic Moods of The Deep", semplicemente riferito come Psychedelic Moods, uscita Agosto 1966. In seguito, altri due Lp riportarono nel titolo il nome Psichedelico: ''The Psychedelic Sound of'', dei 13th  Floor Elevators, e  ''Psychedelic Lollipop'' dei Blues Magoos, sempre del 1966.

Non si conoscono i nomi della band, tranne per il vero leader e unico artefice dei brani e dei loro arrangiamenti, Rusty Evans. Costui era già attivo in quel catino boèmien che era già dai primi anni '50 il Village di New York, dove si strimpellava nei café club, musica di ogni genere, ma soprattutto folk, con una chitarra, a volte in duo, con due chitarre o chitarra e armonica. Agli inizi dei '60, si cominciarono a sentire le prime canzoni con accordi più secchi e con ritmi più
 incalzanti, che in breve avrebbero preso la strada del folk psichedelico(ma allora, ancora non si usava questo termine). Rusty Evans era uno dei tanti giovani di talento, piovuti al Village in cerca di farsi strada nella musica folk, quella che si suonava in quel momento e non solo al Village, ma anche in molte student house e cafee house per studenti, sparsi attorno ai campus universitari della provincia americana. Vedremo che ad Austin, una strada simile sarà percorsa anche da Janis Joplin, tra gli altri. L'ideale giovanile era quella vita "on the road", come descritta nel libro omonimo di uno dei più rappresentativi poeti e scrittori beat, Kerouac.
Infatti, per quanto regni molta confusione in chi  si occupa solo distrattamennte di tematiche culturali e sociali americane, ai più attenti ed esperti, non sfugge che il termine "Beat" e la Beat Generation, che poi tanta fortuna ha incontrato negli anni '60, era originata da una generazione nata prima della grande guerra e che a vent'anni, si ritrovava a vivere e crescere in un periodo post bellico, gli anni del dopo guerra, che aprivano le porte di una notevole disillusione e senso di abbandono, riguardo la possibilità di una crescita umana e sociale delle nuove generazioni. Le tematiche della Beat generation, erano espresse negli scritti e poesie di  Jack Kerouac, Allen Ginsberg, William Burroughs, Gregory Corso, Neal Cassady, Gary Snyder, Lawrence Ferlinghetti, Norman Mailer e altri. Al Village, spesso il gruppo si ritrovava nei soliti locali, e il loro mito, era quella Parigi di inizio secolo, dove nel quartiere di Montmartre, si affacciavano i tavoli e le sedie dei bar e bistrot, frequentati dalla scapigliatura e bohemien dell'epoca, cui il Village di NY somigliava in tutto e per tutto, almeno fino agli anni '60 (da tempo è tutto scomparso e trasformato, e al Village, il piccolo parco ospita pensionati che giocano a carte sui tavoli in legno grezzo).

Evans, riuscì a registrare tre dischi, di alcun rilievo, prima di unirsi a una formazione acustica, The New Christy Minstrels, che in quell'inizio dei '60 godette di una certa notorietà. Ma il tempo sulla scena musicale, per quelli più sensibili e attenti, stava cambiando: la possibilità di usare oltre a eroina, coca e ashish, si apriva alla Lsd, che induceva viaggi in multicolor e che si riflettevano anche negli scritti, poesie e musica. Evans, musicista dalle basi solide e fortemente deciso a percorrere strade nuove, si allontana dalla scena musicale del Village e incontra altri musicisti, che sono del pari intenzionati a provare nuove strade. E' a Philadelphia, Pennsylvania, che si formano i The Deep, con il progetto di realizzare un disco non lontano dal classico Beat alla Beatles, ma che racchiudesse anche quel tipo di suoni, echi e tempi di certo emergente garage band, che ormai stava sempre più facendosi ascoltare, pur non trovando ancora sbocchi nel grande pubblico.

Pensiamo al primissimo nucleo di quelli che in Texas, poi sarebbero divenuti i leggendari 13th Floor Elevator, probabilmente la vera band prototipo di tutte le garage band psichedeliche, ruvide, scorzose e con un rock di impatto ma non brutale, ancora legato agli stili e suoni del Beat. Certamente non il suono che arrivava da Detroit, e dagli stati del Nord, in testa a tutti i mitici The Wailers, che già agli inizi dei '60, producevano dal vivo, nelle Ball rooms, quei suoni duri, tirati, con tempi molto accelerati, tipici del futuro Punk. Altro gruppo celeberrimo, e aggiungo mitico, per gli amanti della storia del rock, sono stati i Paul Revere and The Raiders, Free Image Hosting at www.ImageShack.usuna band originaria dell'Idaho, che poi ha fatto base in Oregon e quindi nel Nord Est. Inutile continuare, ci sono altri nomi, ma qui devo ritornare sul nostro gruppo, ma aggiungo, che prima e durante la Beatlesmania, il vero motore del rock era saldamente in mano a una ventina di gruppi, assortiti, che si sottraevano agli schemi del facile e semplice Beat, veicolato dai Beatles e in parte dai Beach Boys, gruppi gestiti dalla multinazionale della musica, Emi (Capitol in America).
In Philadelphia, la piccola ma battagliera Cameo-Parkway, memore del recente Hit della garage Band Question Mark & the Mysterians, che raggiungono a Marzo 1966 il n.1 della top 100 di Billdboard, sembra proprio che il progetto di Evans e The Deep possa andare bene.
Così in Agosto dello stesso anno, dopo un numero di session imprecisate, ma sicuramente notevoli, a giudicare dal tipo di effetti che avevano accluso in post produzione, esce il LP, che però non contiene un vero e proprio Hit, quanto una serie di brani di ottimo livello, nessuno in grado di scalare le classifiche e far conoscere il gruppo al grande pubblico. Il progetto di Evans sembra naufragare , e il secondo lavoro, non uscirà con il nome The Deep, ormai rivelatosi poco promettente. Quindi, no Hit no success, sembra una legge incontrovertibile, almeno in quegli anni. Ma la musica rimane, e durante questi ultimi anni, quel disco è riaffiorato per gli amanti della storia del rock e in particolare della psichedelia, probabilmente vendendo e facendosi conoscere di più oggi, a distanza di oltre 40 anni.
Il disco parte con un pezzo aggressivo, con echi e un mix esplosivo di suoni sovraincisi, il canto somiglia a quello dei primi Yardbirds, cattivello e incacchiato. Ma i pezzi alternano brani che ricordano il rock garage incalzante e a mio avviso non validissimo, a brani con uscite ritmiche più lente e con tocchi deliziosi di vibrafono, che in certi momenti ricordano alcune soluzioni timbriche e sonore delle Mothers, ancor prima della loro uscita con Freak out. Valga suu tutti Psychedelic moon, vero gioiello impressivo, che  avrebbe potuto stare nella lista dei pezzi di Easy Riders, due anni dopo.

In Shadows on the wall, si apprezza un divertissement, che ricorda alcune soluzioni di Brian Wilson, sempre con il vibrafono che contrappunta, in uno stile quasi jazzy: un brano che ancora oggi, se consciuto, potrebbe essere parte del repertorio live di molti artisti. La chitarra eccheggia il suono di una tromba, ma ancora il sitar non è diffuso nel pop, in questo brano, avrebbe potuto starci a meraviglia. Il successivo, Crystal Nite, con un controtempo di batteria e ritmica, su cui si snocciola il solito delizioso vibrafono, che addolcisce e colora la voce.  Di novo, sembra di ascoltare Brian Wilson nel suo Pet Sound, che uscirà nella primavera dell'anno successivo. Salto a Wake up and find me, che rimanda ad una melodia  assolutamente conforme alle canzonette del periodo, ma sempre graziosa, delicata, con un interessante e delizioso melange a fine refrain di flauto, sovrainciso, che riprende la voce e chiude il brano. l'ultimo pezzo; On off, Off on, rimanda a un tipico brano country, con soluzioni ritmiche più incisive, su cui si innestano un mixaggio di coro ed effetti, che giungono al culmine a fine brano, rendendo il tutto non banale e scontato come ci si poteva attendere. Nel complesso, i tre o quattro pezzi "inccacchiati", con la voce urlata e simili alle garage di Detroit o alle band inglesi, direi che sono quelli che fanno la peggior figura, ma tutti gli altri, offrono spunti e soluzioni, a volte deliziose, altre volte, pur nella semplicità della base, finiscono per non essere scontati. Comunque sempre piacevoli da ascoltare, ancora oggi.

Il brano che potete sentire nel video, mostra quanto simili erano all'epoca i suoni e le soluzioni ritmiche di brani come quello che potete ascoltare sotto e quelli ad esempio dei primi Pink Floyd o dei cugini visionari Wild Flowers di Robert Wyatt, (che poi diverranno Soft Machine), entrambe band di scena all'UFO, il locale dove tutto aveva inizio, compreso Mark Boland, David Bowie e il Glamour rock di Brian Eno prima maniera.  ecov
-- Il brano titola. Trip 76